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I Fenici dalle coste dell'attuale Libano, diretti verso la lontana
Britannia, per i loro traffici commerciali avevano bisogno di approdi per
il rifornimento d'acqua e di cibo e per il riparo delle loro navi in caso di
tempeste. Nelle coste della Tunisia attorno all'814 a. C. mercanti fenici
provenienti da Tiro avevano fondato Cartagine. Nell' isola, si fermavano come
abbiamo detto per fare scorte d'acqua e di viveri; lo facevano senza dubbio
col permesso dei capotribù dei villaggi nuragici, già intorno all'anno 1000
a. C. La presenza di terreni fertili li convinse a sfruttare quella
opportunità. Poco per volta nacquero degli scali che col tempo divennero vere
e proprie città; nacquero così Nora, Karalis, l'odierna Cagliari, Bithia,
Sulcis, Tharros, Bosa e probabilmente anche Olbia. Le popolazioni nuragiche,
ostili a tali insediamenti, si ritirarono nell'interno; quelle più tolleranti
ed aperte agli scambi si integrarono con i fenici che introdussero nell'isola
il vetro i tessuti di lana e di lino.
Durante il VI secolo a. C. i Cartaginesi conquistarono quasi tutta l'isola,
senza peraltro riuscire a vincere le fiere popolazioni dei monti orientali,
quelle stesse popolazioni che in seguito i romani chiameranno Barbarie. In
quei secoli la Sardegna divenne centro di notevoli scambi commerciali con
l'Italia centrale, con la Sicilia, con la Grecia e con la penisola iberica.
Come abbiamo già detto nel III secolo a. C. i romani che ormai avevano
conquistato la penisola, decisero di espandere il loro predominio sul
Mediterraneo; con la prima guerra punica avevano conquistato la Sicilia; nel
238 a. C. in concomitanza con una rivolta di mercenari cartaginesi, il console
Tito Sempronio Gracco prese possesso dell'isola e ne iniziò la conquista. Le
popolazione nuragiche dell'interno e quelle sardo-puniche delle coste opposero
una fiera resistenza. Nel 215 a. C. Amsicora, un principe
sardo-punico, armò un esercito che fu sconfitto nella battaglia di Cornus, in
prossimità di Bosa. Il dominio di Roma aveva preso il sopravvento e durerà
per circa VII secoli, in pratica fino alla caduta dell'Impero Romano
d'Occidente.
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Nel 456 d.C. i Vandali, di ritorno da una scorreria sulle coste del Lazio,
conquistarono Karalis e gli altri centri costieri dell'isola, senza che
l'ormai decaduto Impero Romano d'Occidente opponesse la benché minima
resistenza. Tuttavia, malgrado il colpevole abbandono
nel quale i Vandali precipitarono l'isola, Genserico che quantunque
convertito al cristianesimo, era seguace di Ario, si può sostenere che
diede nuovo impulso all'espandersi del cristianesimo in Sardegna, trasferendo
nell'isola numerosi vescovi cristiani d'Africa, perseguitati per la loro fede,
tra cui Fulgenzio di Ruspe ed altri, risvegliando questi, con la loro fede,
quel sentimento cristiano che durante il dominio dei Vandali, col degrado
delle città, si era affievolito, anche per il rinvigorirsi delle sempre
indomite genti della Barbagia che aveva favorito un ritorno al
paganesimo.
Tuttavia, non è da trascurare che già durante la dominazione romana la fede
cristiana si era andata diffondendo nell'isola, vuoi con la deportazione
degli schiavi destinati "ad metalla", cioè all'estrazione dei
minerali dalle miniere, vuoi dalle frequentazioni dell'isola da parte di
mercanti romani di fede cristiana. Il primo giorno di maggio del 303 d.
C. a Nora fu martirizzato Efisio; l'anno dopo subirono la stessa sorte
Simplicio a Olbia, Saturno a Karalis, Lussorio a Forum Traiani, Antioco a
Sulci e Gavino, Proto e Gianuario a Turris.
Giustiniano, Imperatore d'Oriente, dopo la sconfitta e la cacciata dei
Vandali, divise l'isola in "distretti" governati da uno Judex che
aveva la sua dimora a Karalis, e che sotto il controllo di un Dux, stanziato a
Forum Traini (l'attuale Fordongianus), controllava militarmente la regione. La
Barbagia, indomita, cosi come si era sottratta al dominio di tutte le genti
che si erano stanziate in Sardegna, dai fenici ai punici, compresi i romani,
cosi sfuggi al controllo dei nuovi dominatori, creando, anzi, un regno
indipendente, con connotazioni laiche sardo-pagane, che però ebbe vita breve.
Anche la dominazione bizantina, che durò circa tre secoli, lasciò l'isola
nel più completo abbandono, soprattutto, durante le scorrerie degli Arabi,
non dimenticando però di intensificare la pressione fiscale; tuttavia del
periodo della dominazione bizantina, sono da ricordare il santuario di Nostra
Signora d'Itria e la chiesa di San Saturno a Cagliari in stile bizantino.
Nel corso della dominazione bizantina, i sardi, come abbiamo già visto,
sempre più abbandonati a se stessi, soprattutto nel momento del maggior
bisogno, vedi incursioni arabe, avevano poco per volta maturato una loro
autonomia che si rafforzò ancora di più, quando i quattro luogotenenti
dello Judex bizantino, furono delegati a difendere le coste dalle scorrerie degli
Arabi. Per suo conto lo judex bizantino, si era ormai staccato dal potere
centrale, rendendo ereditario il proprio potere. Durante il X secolo, a loro
volta i luogotenenti diventarono essi stessi judices, facendo propri i
privilegi che erano stati dello Judex. I territori da loro amministrati,
furono chiamati giudicati: Cagliari, Arborea, Logudoro o Torres e Gallura,
diventarono veri e propri regni, con confini, leggi e lingue nazionali.
Quello dei giudicati fu un periodo di notevole sviluppo in tutti i campi nella
nostra Isola, non solo nel campo economico, ma anche in quello culturale e
artistico. Barisone I, giudice di Torres chiese ed ottenne, dall'Abate di
Montecassino l'invio nell'isola dei monaci benedettini affinché,
portassero in Sardegna le nuove tecniche nelle colture agricole. La presenza
dei monaci benedettini darà un forte impulso alla lavorazione della terra, ma
anche alla erezione di edifici sacri. Ancora oggi chi guarda il paesaggio
sardo, vede che esso è caratterizzato dalla presenza di un gran numero di
edifici sacri di stile romanico.
Sempre in riferimento al diffondersi del cristianesimo nella nostra isola, è
da ricordare che già nel 417, esisteva ed esiste tuttora in territorio di
Sassari la chiesa di San Michele in Plaiano, con allora l'annesso Monastero
dove risiedevano i monaci d'Egitto giunti dalla Tebaide. Da questo monastero
dipendeva quello di San Bonifacio, governato da monache dello stesso ordine e
posto, anch'esso, nelle vicinanze di Sassari.
Tutta questa lunga premessa, perché malgrado i lunghi abbandoni, le scorrerie
incontrollate degli Arabi ( è di questo periodo l'abbandono da parte dei
sardi delle città costiere, per rifugiarsi nell'interno, dove più facile era
organizzarsi a difesa), in quei secoli lentamente, ma progressivamente, si
espandeva la fede cristiana. E' di quell'arco di tempo che la religiosità
sarda, si esprime nelle forme architettoniche del romanico. Ed è in quello
stile, che nei secoli seguenti (XI-XIII), vennero erette in tutta
l'isola un gran numero di chiese. Molte di queste chiese, legate anche ad un
uso sapiente delle pietre con cui vennero costruite, sono rimaste inalterate
nel tempo, altre hanno subito alterazioni varie nei secoli che seguirono.
Fra tutte le chiese erette in quei secoli, sembra opportuno menzionare la
Basilica di Saccargia, su cui ritorneremo, mentre ci piace qui ricordare le
altre chiese sorte in quel periodo, presso Borutta il complesso benedettino di
San Pietro in Sorres, edificato da maestranze pisano-pistoiesi. Su di una
dolce collinetta, ad una trentina di km da Sassari, sorge la basilica di
Santa Maria del Regno, in cui i giudici di Torres giuravano fedeltà al
popolo, alla presenza delle autorità religiose. In un borgo di origine
medievale, Bonarcado, che ospitò un convento camaldolese fu edificata in
stile romanico la chiesa di Santa Maria, in parte rimaneggiata nei secoli
successivi, si affaccia ora, con la sua mole, sulla strada principale.
A Porto Torres la basilica di San Gavino fu costruita tra il 1065-1111 da
maestranze pisane. Molto del materiale con cui è stata edificata fu prelevato
dagli antichi ruderi di età romana. La basilica di San Gavino è
caratterizzata da due absidi ed è di una bellezza e imponenza mozzafiato.
A Santa Giusta le maestranze pisane, si servirono in gran parte di
materiali prelevati dal poco distante villaggio punico di Tharros, per
edificare la cattedrale di S.Giusta; prima che la superstrada escludesse
l'attraversamento sia di Oristano che di S.Giusta, chi si recava a
Cagliari, ne poteva ammirare l'imponente mole sulla sinistra della strada.
Ricordiamo la chiesa romanica di Sant'Agata a Quartu Sant'Elena; la chiesa di
Sant'Efisio a Nora a Iglesias nella cui piazza centrale, una delle più belle
dell'isola, si affaccia la chiesa di Santa Chiara, dalla facciata
romano-gotica che fu fatta edificare dal Conte Ugolino; al suo interno la
chiesa custodisce un altare barocco in legno di ginepro e una campana fusa da
Andrea Pisano. Dall'altra parte dell'isola, verso Cala Ginepro e Cala
Liberotto, tra verdi pinete, presso il fiume Cedrino, la chiesa di Santa Maria
'Mare; edificata per volere di mercanti pisani, si erge al limitare di un
canneto, tra palme nane, oleandri, rosmarino e ginestre.
A Cagliari la cattedrale di Santa Maria, anch'essa sorta ad opera dei pisani
XII-XIII secolo, ha subito vari rifacimenti; al suo interno si può ammirare
un pulpito che scolpito per la cattedrale di Pisa fu dai pisani donato a
Cagliari. La bella chiesa romanico-gotica di Sardara e tante altre di cui
sarebbe arduo qui fare menzione.
Ma ritorniamo, dopo una breve e certamente incompleta storia isolana, di cui
abbiamo soltanto voluto fare qualche breve cenno, perché ci sembrava
essenziale, per parlare della religiosità del popolo sardo che si è
manifestata, cosi come abbiamo visto nei secoli con la edificazione di una
miriade di cattedrali romaniche. per non abbandonare più questo tema, e
parlare ora della Santissima Trinità di Saccargia che sorge nel comune di
Codrongianus a circa 16 km da Sassari. Celebre monumento in stile
romanico-pisano del XII secolo in pietre bianche e nere; il nome deriva dal
sardo "s'acca argia", la vacca pezzata. Secondo una leggenda, sul
luogo in cui poi sorse la Basilica, una vacca era solita inginocchiarsi ogni
giorno, ed in quel luogo una nobildonna del luogo volle fosse edificata la
Basilica. Fondata dai frati camaldolesi tra il 1112 e il 1116, fu completata
qualche anno dopo da maestranze pisane di cui porta inconfondibile l'impronta.
L'interno è ad una sola navata ed è caratterizzato all'esterno da una
facciata con archetti e rosoni e da un ampio porticato costruito in epoca
successiva di stile lombardo del XIII secolo. All'interno, nell'abside, sono
presenti affreschi di connotazione bizantina. Il Campanile, imponente con la
sua mole di 40 metri, mantiene la successione dei conci bianchi e neri,
completando un meraviglioso complesso assai ben equilibrato
architettonicamente. La mole imponente della Basilica sorge su un promontorio
a margine della strada per Olbia; la Basilica è tuttora consacrata e vi si
officiano messe e celebrano matrimoni. Un guardiano ne facilita l'accesso
tutti i giorni.
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