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Inquadramento storico del territorio

Neolitico recente (4000 – 3200 a.C.)

La testimonianza di popolamenti della regione in questo periodo è affidata alla presenza di Domus de Janas e tombe domeniche.
Sono state recensite oltre 54 grotticelle artificiali, localizzate nelle aree più fertili del territorio, mentre risultano assenti lungo la costa e nell’entroterra da Cala Gonone a Cala Luna.
Le domus de janas dorgalesi sono scavate sulla roccia o in massi isolati (Tinnias, Campu Marinu, Isportana), e sono di dimensioni piuttosto contenute. Prevalentemente si tratta di strutture isolate, in coppia (Santa Diliga, Marras, Abba Noa, Cedrino, Mariughia, Campu Marinu, Su Acu, Ortumele), oppure in numero di tre (Santa Cristina e Lottonido)
Le tombe sono piuttosto semplici, generalmente ad un solo vano semicircolare, più raramente due (Ala Turpa, Su Lidone, Conca de Janas IV, Irvutarzu) ,o tre (Santa Diliga)
Per quanto riguarda i dolmen il più famoso è quello di Motorra, si ha notizia di altri 14 dolmen, ma di questi risultano ben conservati solo sei: Sa Barva, Monte Longu, Sa Tanca e zia Avara o Cucchi, Pistiddori e Motorra stesso. Quattro sono ridotti a poche pietre (Dorroles, Caschiri I e II, Palmasera) ed uno sembra ricostruito in tempi successivi (Valverde).
Si tratta di strutture a pianta quadrangolare o poligonale, prevalentemente in basalto eretti su terreni a vocazione pastorale.
Allo stesso periodo risalgono dei frammenti litici e ceramici rinvenuti nelle grotte di Corallinu, San Giovanni Su Anzu, Sos Sirios e del Bue Marino, nell’altopiano di Donianigoro, nell’area di Mesina e nei pressi del dolmen di Sos Dorroles.

L’Età del Rame (3200-2700 a.C.)

All’inizio dell’età del Rame sono attribuiti i graffiti sulle pareti all’ingresso delle Grotte del Bue Marino, così come gli altorilievi di Sa Icu, che sembrano rappresentino in pianta strutture abitative oppure edifici sacri.
Materiali di cultura Monte Claro (2700-2200 a.C.) provengono dalla domus Marras dove sono stati rinvenuti numerosi frammenti fittili (ciotole, tazze, vasi troncoconici, vasi a collo, olle, spiane, fusaiole). Allo stesso periodo appartengono probabilmente le ceramiche rinvenute nella domus Pirisché queste due domus de janas presentano delle caratteristiche che le distinguono nettamente da tutte le altre strutture ipogee presenti nel territorio. Sono costituite infatti da un unico vasto ambiente preceduto da un’anticella, diviso parzialmente da due setti divisori. Nella Tomba Marras è inoltre presente una fossetta rituale nella camera, e non nell’anticella come nelle altre domus, che farebbe pensare ad un mutato costume funerario riferibile ad una fase attardata della Cultura di Ozieri. Nella fase finale di Monte Claro comparve in Sardegna la cultura del Vaso Campaniforme, di cui, nel territorio di Dorgali, è rimasta un’ampia testimonianza nel dolmen di Motorra, dove è stato ritrovato un brassard a tre fori; e in una delle tre tombe di Sa Pica-Lottoniddo, dalla quale proviene un frammento di scodella.

Bronzo Antico (2200-IX sec. A.C.)


Tomba dei giganti di S'Ena 'e Thomes

Alla fase più antica dell’età del Bronzo appartiene la Cultura di Bonnannaro, che nel dorgalese è fortemente diffusa. La si ritrova in domus de janas (Mariughìa, Lottonido), in grotte e ripari (San Giovanni SU Anzu, Risaia, Sas Furmicas, Fuilil, Bue Marino), in dolmen (Sa Barva) e in tombe di giganti (Thomes, Sueredu), oppure è testimoniata da rinvenimenti in superficie, come avvenuto nell’area del villaggio del Nuraghe Arvu. Di particolare interesse è il ritrovamento, nel 1961, di una sepoltura individuale deposta con rituale primario. Si tratta di un individuo femmina, denominata Risaia, che giaceva semirannicchiata in uno stretto anfratto della valle di Lanaittu, accompagnata da un modesto corredo, datata al Bonnannaro B (1900-1600 a.C.). l’aspetto più interessante della scoperta è stata l’analisi paleopatologica dei resti scheletrici, dalla quale sono emersi una doppia frattura alla scapola sinistra e all’ulna, fatti artrosici diffusi alla colonna vertebrale, carie e malanni vari, ma soprattutto il cranio presenta un segno evidente di operazione chirurgica: un foro di una trapanazione, con autotrapianto della rondella ossea perfettamente cicatrizzato.

Età nuragica (1600 – fine VI sec.a.C.)

L’Età nuragica è fortemente rappresentata nel territorio di Dorgali, dove sono stati censiti 42 nuraghi, 77 villaggi, 39 tombe di giganti, una fonte e due pozzi probabilmente sacri. Inoltre sono stati rinvenuti numerosissimi reperti databili a questo periodo in diverse grotte e ripari (Ispinigoli, San Giovanni Su Anzu, Malospedes, Fuili, Su Tupone, Sos Sirios, Sos Sirieddos, etc).
Fra in nuraghi, 11 risultano di pianta complessa, 14 sono monotorri e due sembrano portonuraghi, mentre per i rimanenti non è possibile determinarne lo schema. La maggior parte purtroppo versa in pessimo stato di conservazione.


Capanna nuragica a Serra Orrios

Dei 77 villaggi censiti, 63 sembrano non essere in relazione con i nuraghi. Questo avvalora l’ipotesi che le imponenti strutture avessero più funzione di difesa dell’intero territorio di pertinenza che del singolo villaggio. I villaggi sono piuttosto diversi tra loro, sono presenti sia estesi villaggi con numerose capanne come Villaggio Arvu (114), Serra Orrios (100) o Zorzi Poddighe (50); che abitati più modesti come Tilimba (5). Soltanto 22 villaggi conservano ancora il profilo murario delle capanne, 27 presentano soltanto i resti affioranti di murature e i rimanenti sono indicati solo dal ritrovamento di reperti in superficie o da racconti.
Per quanto riguarda l’architettura funeraria, sono stat rilevate 39 tombe di giganti: 8 risultano totalmente distrutte, 24 sono di tipo dolmenica e 7 sono a struttura isodoma. La stele centinata si conserva ancora in 7 tombe (Matta ‘e Soles, Thomes, Abba Noa I, Sedda de Serviti, Tinnias, Lottoni, Biristeddi III), mentre il concio dentellato è presente a Biristeddi, Nuraghe Mannu e Francudunue II. Queste tombe sono in gran parte isolate, ma a volte le si ritrova a tre a tre (Biristeddi) o in coppia (Abba Noa, Muristene, Francudunue, San Nicola, Baru-Picchio, Zorza, Pranos, Doinanigoro) si trovano soprattutto in prossimità dei villaggi (20), mentre soltanto 8 sono in relazione con dei nuraghi e 2 sembrano lontane da qualsiasi centro nuragico.
Sepolture con corredo sono state ritrovate anche in ripari sotto la roccia, nella valle di Littu e in prossimità della voragine di Ispinigoli.
L’architettura religiosa sembra essere rappresentata da due pozzi a gradini (Sorgolitta, Nastallai), mentre un terzo (Dugulana) ristrutturato nell’Ottocento e di conseguenza alterato, sembra anch’esso databile a questo periodo. Infine si ricordano i tempietti del villaggio di Serra Orrios.

Età punica (510-238 a.C.)

A testimonianza del periodo punico nella zona di Dorgali, restano gli influssi nella tecnica edilizia di alcuni vani del villaggio di Nuraghe Mannu e il ritrovamenti di alcune monete puniche provenienti da Motorra e Thomes, attribuite alla Zecca di Sardegna (300-264 a.C.). Alcuni frammenti di collane in pasta di vetro sono stati rinvenuti nelle tombe di Biristeddi I e Pranos, nei ripari sotto la roccia di Littu, Ispinigoli, Sos Tusorzos, Balu Virde e Flumineddu.

Età romana (238 a.C.-476 d.C.)

Le ricerche hanno evidenziato che in almeno 53 centri nuragici sono presenti materiali (vetri, ceramiche, monete) o strutture abitative rettangolari (Nuraghe Mannu, Nuragheddu, Arvu, Sos Arcos, etc)

Fonte: Serra Orrios e i monumenti archeologici di Dorgali
Alberto Moravetti
Collana Sardegna archeologica – guide e itinerari
Carlo Delfino Editore